Restauro conservativo dipinti murali “I Quattro Evangelisti” Cattedrale di Manfredonia -Foggia-
Descrizione storico – artistica: Le opere rappresentano dei dipinti a tempera misto olio su muro, realizzati all’inizio del secolo scorso, raffigurano i quattro Evangelisti soggetti principali dei dipinti. I quattro Evangelisti sono raffigurati tutti al centro della scena seduti, che sorreggono, con una mano il Testo Sacro “Vangelo” e con l’altra una piuma raffigurante il simbolo della scrittura Sacra. Al loro fianco sono raffigurati gli animali che appartengono alla loro iconografia:
San Marco è raffigurato come leone alato. Nel Vangelo di Marco viene maggiormente indicata la regalità, la forza, la maestà del Cristo: in particolare i numerosi miracoli accentuano l’aspetto secondo cui Cristo vince il male. Inoltre è proprio questo Vangelo che narra della voce di San Giovanni Battista che, nel deserto, si eleva simile a un ruggito (di un leone, appunto), preannunciando agli uomini la venuta del Cristo. Si veda anche «Vox clamantis in deserto»;
San Matteo è raffigurato come uomo alato (assimilato ad un angelo: tutte le figure sono infatti alate). Il Vangelo di Matteo è quello che mette più in risalto l’umanità del Cristo (il Figlio dell’Uomo, come viene spesso indicato). Il testo esordisce con la discendenza di Gesù e, in seguito, narra la sua infanzia, sottolineandone quindi il suo lato umano;
San Luca è raffigurato come bue alato, ovvero come un vitello, simbolo di tenerezza, dolcezza e mansuetudine, caratteri distintivi di questo Vangelo per descrizione e teologia;
San Giovanni è raffigurato come un’aquila. Il suo Vangelo infatti ha una visione maggiormente teologica, e quindi è quello che ha la vista più acuta. L’aquila è quello che vola più in alto di tutti gli esseri e che, unico fra tutti, può vedere il sole con gli occhi senza accecarsi, ossia vedere verso i cieli e verso l’Assoluto, verso Dio. Il Vangelo di Giovanni infatti si apre con parole di forte carica trascendente.
Evangelista è il nome con il quale si identificano le quattro persone che hanno redatto i Vangeli detti anche Evangeli. Giovanni, Matteo, Luca, Marco.
Il termine “evangelista” è pure riferito allo specifico ministero cristiano di colui o colei che è stato chiamato a predicare l’Evangelo, come si esprime il Nuovo Testamento . Erroneamente talvolta si dice “Evangelista” chi aderisce alle Chiese evangeliche.
Le fonti più antiche che fanno riferimento agli evangelisti risalgono a sant’Ireneo di Lione che nel suo Adversus Haereses, scritto nel II secolo, molto succintamente, così informava su questi personaggi:
« Cosi Matteo scrisse nella lingua degli Ebrei il primo vangelo, al tempo in cui Pietro e Paolo evangelizzavano Roma e vi fondarono la Chiesa. Dopo la partenza di questi ultimi, Marco, discepolo e interprete di Pietro, mise per scritto quello che Pietro predicava. Dal canto suo Luca, il compagno di Paolo, consegnava in un libro il vangelo che il suo maestro predicava. Poi Giovanni, il discepolo del Signore, quello che si era addormentato sul suo petto, pubblicò anche lui un vangelo quando si trovava a Efeso in Asia ».
Alcuni cenni sulla biografia dell’artista che realizzò l’opera:
Natale Penati nasce a Milano il 15 maggio 1884, nel tipico rione milanese dell’”Isola”. Terzo di cinque figli, sin dalle prime classi scolastiche dimostra una spiccata attitudine per il disegno e la pittura. Per vocazione emergente partecipa al corso preparatorio di pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera dove entra all’età di 13 anni. Termina gli studi dopo quattro anni, conseguendo attestati d’onore e medaglie di merito.
All’età di 28 anni sposa Anita Pozzi con la quale formerà una famiglia costituita da due figli: Angelo e Mariuccia, quest’ultima tuttora vivente. Il grande desiderio di dipingere diventa espressione artistica di grande rilievo, tanto da iniziare una collaborazione con la galleria d’arte Clemente, per la quale dipinge numerosi quadri con soggetti paesaggi, salotti del settecento ed anche madonne con bambino che venivano richieste dalle giovani coppie di sposi. Divenuto ormai ben conosciuto, Penati instaurò rapporti d’affari con alcuni industriali milanese e tra di essi l’imprenditore Sig. Intelvi che, venuto a conoscenza di un concorso per il restauro della Chiesa Santa Maria delle Grazie in San Marco in Lamis (nell’entroterra del Gargano, poco distante da San Giovanni Rotondo), lo informò della notizia. Il pittore comprende che era finalmente giunto il momento da lui tanto atteso: quello di affrontare il tema da lui preferito dell’Arte Sacra. Per le sue capacità artistiche e la sua determinazione, vince il concorso e dal 1933 inizia un lungo periodo di permanenza nel Gargano. Nel 1935, in occasione del 25° di ordinazione sacerdotale di Padre Pio, dipinge le volte della Chiesetta dei Cappuccini in San Giovanni Rotondo e, negli anni successivi, anche le altre chiesa della città: San Nicola, Sant’Orsola, San Giacomo, San Leonardo, San Donato e Santa Maria Maddalena (diruta nel 1982). Nel 1937 affresca la Chiesa di Santa Maria in Silvis a Serracapriola e realizza alcuni quadri nel locale Convento dei Cappuccini (dove fu ospite Padre Pio) e nel 1941 dipinge la Chiesa Matrice di Rignano Garganico e la Chiesa SS. Martino e Lucia in Apricena. Nel biennio 1940-1941, conclude la propria esperienza artistica nel Gargano realizzando il suo capolavoro: la Cattedrale di Manfredonia che affresca su incarico dell’Arcivescovo Mons. Andrea Cesarano, il quale aveva conosciuto il pittore già nel 1935 quando dipinse la Chiesa Stella Maris della stessa città.
Ritornato nella sua città natale, negli anni 1943-1951 dipinge numerose chiese nell’hinterland Milano tra le quali quelle di Cusago, Corbetta, San Lorenzo Parabiago, Mantegazza, Bareggio e quella di Pregnana Milanese che insieme alla Cattedrale di Manfredonia si possono considerare le opere più importanti del pittore.
Nell’osservare i dipinti di Penati si può immediatamente cogliere la semplicità del linguaggio usato dal pittore. Ovunque affiora il suo spirito di credente, con quella grande capacità di parlare attraverso le immagini che sanno creare un’atmosfera di pace e serenità interiori.
Dopo lunga malattia si spense il 28 febbraio 1955 nella propria abitazione in Milano.
I riconoscimenti ricevuti dalle Pubbliche Autorità sono stati postumi ma significativi. La città di Manfredonia nel 1985 ha intitolato un piazzale al pittore la città di Pregnana Milanese nel 1997 ha intitolato una via, mentre il Comune di San Giovanni Rotondo e Rignano Garganico hanno già approvato l’intitolazione di una via della città al nome del pittore Natale Penati.
Stato di conservazione: I manufatti che raffigurano San Marco, San Giovanni, San Matteo si presentano in condizioni discrete, su di essi è presente uno sporco incoerente (nero fumo, patina grassa e polvere) e un’ alterazione cromatica della vernice protettiva che offusca i colori originali. Su questi dipinti, che come descritto in precedenza, si conservano in discrete condizioni, allo stesso momento è importante però precisare, che da un’ accurata analisi visiva, effettuata da vicino con l’ausilio di un trabattello, si è potuto diagnosticare la presenza di una estesa crettatura, in fase di evoluzione.
Sul dipinto raffigurante San Luca,la problematica citata dinanzi è presente in maniera più avanzata, provocando una forte esfoliazione che comporta la caduta del film pittorico. Si presume che tutto ciò sia causato dalla presenza di velature decorative ad olio, realizzate dall’artista, che impediscono una non corretta traspirazione delle mura, trattenendo l’umidità. dopo Infine il supporto murario si presenta abbastanza consistente. Sulle cornici che racchiudono il dipinto, si notano punti di ossidazione della vernice decorativa (porporina).
Durante l’intervento di restauro consevativo dei dipinti, sono state effettuate delle indagini diagnostiche, per cercare la causa di questi notevoli distacchi. Le indagini sono state eseguite dal Dott. Davide Melica, e si è dedotto che la causa principale di questo tipo di degrado (forte esfogliazione della pelicola pittorica) è dovuto dal fatto che l’autore dei dipinti, nella realizzazione di essi, non avendo rimosso completamente i vecchi scialbi (vecchie tinteggiature) presenti sulla superficie sulla quale a realizzato l’opera, ha condizionato i dipinti inbase al degrado questi ultimi. Gli scalbi lasciati al disotto dei dipinti, essendo di natura organica sono in continua fase di essiccazione provocando il distacco dalla muratura, causando lo stesso procedimenti di degradazione per i dipinti.